La Venere di Urbino è una delle opere d’arte più importanti del XVI secolo; rientra a tutti gli effetti nell’etile delle opere di olio su tela conservate al museo degli Uffizi di Firenze. Il suo artista è, appunto, Tiziano Vecellio.
Chi era Tiziano Vecellio? Alcuni cenni
Tiziano Vecellio nacque a Pieve di Cadore approssimativamente tra il 1488 e il 1490; pittore di estremo talento, Tiziano fu, insieme a Giorgione, uno dei padri del tonalismo, una particolare tecnica tipica della tradizione artistica Veneziano-Veneta legata ad un nuovo modo di percepire il colore, in antitesi con la più classica tecnica di scuola fiorentina.
Morì a Venezia nel 1576 e, a conti fatti, avendo vissuto una vita relativamente lunga, ed essendo vissuto a cavallo tra due secoli, è inevitabile che abbia risentito di più influenze artistiche. Vi sono opere dove è evidente lo stile tipico rinascimentale, tuttavia, negli anni della maturità, non riuscì a sottrarsi al fascino della novità portata dal manierismo, con evidenti rimandi alle forme classiche, e allo stesso Michelangelo, filtrati attraverso la sua personale tecnica del colore.
La storia della Venere di Urbino
Considerata da molti esperti come l’opera di punta dei lavori di Tiziano e probabilmente, in ambito di nudo femminile, uno dei dipinti più conosciuti, la Venere di Urbino viene fatta risalire intorno al 1538 e porta con sé una storia non priva di ribaltoni.
Tutto ebbe inizio con Guidobaldo II Della Rovere, duca di Urbino, che, secondo sua madre Eleonora Gonzaga, per puro capriccio inviò il suo agente in quel di Venezia alla ricerca di un nudo femminile realizzato da Tiziano. Tuttavia le cose non andarono secondo i piani di Guidobaldo perchè per acquistare il dipinto egli necessitava dell’aiuto economico della madre che, dal canto suo, non volle assecondare la richiesta del figlio, così l’opera rimase parcheggiata nella bottega di Tiziano con la promessa che, una volta reperiti i soldi, il duca avrebbe pagato anche più di quanto richiesto dall’artista. Passarono dei mesi e finalmente Guidobaldo riuscì nel suo intento e portò il dipinto ad Urbino dove lo utilizzò per educare alla giusta virtù la sua giovane moglie, sposata per interessi politici, Giulia da Varano (sposata quando aveva soltanto dieci anni ma adolescente all’epoca dell’acquisto del dipinto) per convincerla, tramite il messaggio simbolico che l’arte porta sempre con sé, ad accettare quella conveniente unione senza rinunciare agli aspetti amorosi, ricordandole in questo modo i suoi doveri coniugali. Il quadro, spinto anche dalla vicenda di Guidobaldo, ottenne un notevole successo, tanto che Tiziano e altri artisti veneziani, furono costantemente sollecitati a riprodurne delle repliche.
Passa poco meno di un secolo e l’ultima discendente di Guidobaldo, Vittoria, sposa Ferdinando II de’ Medici; questo comportò, tra le altre cose, il trasferimento di importanti opere d’arte da Urbino a Firenze, tra cui la stessa Venere che intorno alla metà del XVII secolo passò per la villa di Poggio Imperiale per poi trovare la sua definitiva collocazione alla galleria degli Uffizi dal 1694.
Tra tonalismo e simbolismo. La Venere di Urbino senza veli
Ogni artista ha la sua musa e Tiziano non fa differenza, anzi, esistono molti sostenitori della teoria secondo la quale l’attenzione che Tiziano ebbe nel dipingere i capelli ricci di Venere possa fare intuire che la modella aveva una relazione con l’artista. Infatti passando in rassegna alcune delle sue opere, notiamo più di una somiglianza tra questa Venere e altre protagoniste dei suoi dipinti; per la Venere di Urbino Tiziano utilizzò la stessa modella che ritroviamo nella Bella, custodita a Palazzo Pitti e anche nella Fanciulla in pelliccia che si trova a Vienna. Ad oggi non si conosce ancora la vera identità della modella.
A nominare l’opera Venere di Urbino fu Giorgio Vasari perchè era improponibile il titolo di Donna nuda affibiatogli da Guidobaldo. Era infatti una consuetudine mascherare la nudità con la mitologia ed effettivamente Venere ha tutto un altro suono rispetto a un semplice donna nuda. Ma perchè proprio di Urbino? Facendo attenzione allo sfondo, si può notare il loggiato con la colonna che rappresenta un angolo del Palazzo Ducale di Urbino e questo fa supporre che l’opera fu commissionata proprio per le nozze di un importante membro della casata dei Montefeltro.
La venere di Urbino nel dettaglio
Andiamo al quadro nel suo dettaglio. L’opera appartiene a quella categoria di dipinti realizzati con la tecnica del tonalismo ed è opinione condivisa da molti il fatto che il dipinto nasca come regalo di nozze e colei che è raffigurata sia proprio la sposa; tutto il dipinto, del resto, può essere inquadrato come una grande allegoria del matrimonio. La nudità della moglie in primo piano non fa che esaltare la bellezza femminile e il suo buono stato di salute che indica quasi un buon auspicio per mettere al mondo tanti figli. É una Venere nuda sul letto che regge un piccolo mazzolino di fiori sulla mano destra, che vogliono significare quanto la bellezza sia effettivamente effimera e il tempo la fa sfiorire, ma nonostante ciò, questo non deve avere ripercursioni sul significato più profondo del matrimonio; e usa la mano sinistra per coprirsi il pube; questo gesto riporta alla mente la più classica Venus pudica intenta a coprire le parti intime, mostrando così la sua parte più umana; soprattutto guarda direttamente chi la osserva senza alcuna vergogna, cosa non molto comune.
Le lenzuola ancora stropicciate possono fare intendere il passaggio del fidanzato, mentre è giusto sottolineare la presenza di due sfondi ben diversi tra loro: sulla sinistra, a coprire dal pube in sù, una sorta di muro scuro che fa da contrasto, sulla destra, ai colori più vivaci e che rievocano una scena di vita domestica. Ai piedi del letto un cagnolino non privo di significato: il cane è da sempre l’animale fedele per eccellenza, così facendo Tiziano promuove la donna a moglie fedele. E, se volessimo combinare insieme la figura del cane (che rappresenta la fedeltà come abbiamo già detto), con l’anello che Venere porta sul mignolo sinistro, simbolo di purezza, ne viene fuori un messaggio molto chiaro indirizzato alla sposa di Guidobaldo, Giulia da Varano: va bene essere sensuale, purché questa sensualità sia rivolta interamente al marito.
Passiamo allo sfondo. Quella che propone Tiziano è una scena di vita ordinaria con due ancelle di Venere che preparano i vestiti per la dea, forse in occasione di una festa; quella chinata con la testa quasi dentro la cassapanca è una bambina che rappresenta, anche qui, l’augurio per le future nascite ma soprattutto fa passare il messaggio che l’attività sessuale, che non può mancare nella vita matrimoniale, debba essere consumata tra le mura domestiche; l’altra donna, in piedi, ha già un vestito sulla spalla e osserva l’operato della bambina, del resto, proprio come farebbe una madre. Sullo sfondo non passa inosservato neanche il mirto, simbolo di verginità che è tra le caratteristiche tipiche della mitologia romana, anche se, dobbiamo ammetterlo, quello che porta la mente a pensare alla protagonista come ad una dea è soltanto il nome del dipinto, perché la giovane donna, al contrario, nel suo modo di essere sembra molto umana, molto lontana da tutti quelli che sono i classici canoni di riconoscimento di una divinità; le ancelle sullo sfondo elevano la protagonista a donna di un certo ceto sociale pronta per un evento mondano ma viene difficile pensare ad essa come si pensa alla dea della bellezza.